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Il podere

L’uliveto appartiene alla nostra famiglia da secoli.

Nel 1972 è arrivato per eredità ai miei genitori. Prima era dei nonni. Prima ……

In quegli anni erano presenti 25 ulivi di qualità “Pisciottana”. Dei begli alberi grandi, secolari, con una chioma gigantesca. D’estate era bellissimo sedersi e guardare gli uccelli che cercavano riparo dal sole. Così , guardandole (nella nostra lingua la pianta d’ulivo è femmina) gli si dava un nome:

“a Tamponica” per la qualità delle olive grandi;

“a Paccia” (pazza) perchè cresceva senza regole,

“Mbucata” (accalorata) perchè il fuoco l’aveva arsa già due volte nel cavo, ma lei non seccava;

“Chiddi attuornu a casa” sono 5, piantate lì chissà quando, attorno al magazzeno riattato da mio nonno a “casa” di campagna;

“A cacarola” perchè gli storni in primavera vi si affollavano e ……. davano a me la possibilità di dargli un nome.

Ognuno dei miei compagni di giochi aveva un nome.

Allora come adesso molte erano le parole di saluto che gli rivolgevo.

Le ulive venivano raccolte ancora con le mani. Una ad una venivano prese da terra con un movimento velocissimo e riposte in dei cesti di canne e salici : i panari.

12 panari erano un tumulo che era da sempre ed è ancora oggi l’unità di misura del volume delle olive.

Un tumulo è pari circa 42 kilogrammi. Circa perchè le olive possono essere più secche o più piene e quindi variare di peso specifico.

Su tutto il resto del podere pascevano pecore e capre che hanno reso il terreno molto fertile.

Allora ero giovane e pensavo che raccogliere le olive da ottobre a febbraio, con il freddo, con le mani sporche di terra, con le ginocchia dolenti fosse noioso. Oggi sono ricordi di una gioventù vissuta in posto bellissimo, in compagnia di mio padre e mia madre che si sono spesi per il podere con passione, dedicando moltissime risorse….. Però per raccogliere le olive prodotte da ogni ulivo erano necessarie circa 10 ore di lavoro.

Negli anni 80 sono arrivate le prime reti in plastica. La raccolta è diventata velocissima, la raccolta di ogni pianta necessitava di circa due ore. Allora mio padre iniziò a piantare tante altre piante. Si informò sulle varietà che producessero olio di migliore qualità e scelse le leccine e le frantoiane. Le piante erano già grandicelle, i “pasciuni” avevano la mia età, circa vent’anni. Oggi i miei cotanei sono 223 e contribuiscono alla produzione dell’olio con il colore del sole che scalda la collina da marzo a ottobre. Dopo aver resistito a tanti mesi di siccità, accartocciando le foglie per crearsi l’ombra e non far evaporare la preziosa acqua, i miei cotanei, “a Paccia”, “A Cacarola” e le altre ci danno il loro frutto che, spremuto, restituisce il liquido con tutto il sole dentro. Il sole del mediterraneo, dove una pianta è un simbolo. Pace.

Papà, con l’ingegno che lo caratterizzava, ha allestito un impianto a reti sospese che evita alle olive di cadere sul terreno rimanendo pulite e senza “ammaccature”. L’accorgimento permette di raccogliere le olive in 13 ~ 15 ore con i vantaggi di poterle raccogliere spesso (ogni 4 o 5 giorni), pulite (non toccano terra e sono aereate) e non si rovinano. Noterai che la qualità dell’olio è ottima, il notevole miglioramento è il risultato di una serie di accorgimenti.

Dal 2005 papà non c’è più. In uno degli ultimi colloqui “sutta a na chianta r’aulivi” (sotto una pianta di olive) gli promisi di continuare a giocare …. con i miei amici coetanei.

Questa è “a Barnia”